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    La chimica farmaceutica imita la natura per ridurre le emissioni

    Un metodo per produrre elementi chimici vitali da utilizzare nelle industrie farmaceutiche e agrochimiche imita i processi di produzione delle piante

    di Lisa Ovi

    L’industria farmaceutica è investita di una missione sociale prioritaria, sostenere lo stato di salute e preservare una qualità duratura della vita umana. Laddove nel XIX° secolo e nei primi decenni del XX°, il primo impatto positivo sulle aspettative di vitadegli esseri umani può essere attribuito ai miglioramenti introdotti nel campo dei servizi igienico-sanitari, degli alloggi e dell’istruzione, a partire dalla seconda metà del XX° secolo, è doveroso riconoscere il ruolo di un’industria che con i suoi prodotti salvavita ha contribuito ad innalzare l’aspettativa di vita di circa due anni per decennio.

    Ciononostante, anche l’industria farmaceutica deve fare i conti con quella che è attualmente la più grande minaccia alla vita ed alla salute umana: il cambiamento climatico. Secondo una ricerca pubblicata nel 2019, l’industria farmaceutica globale non solo contribuirebbe in modo significativo al riscaldamento globale, ma genererebbe il 13% in più di emissioni rispetto alle stesse case automobilistiche. Non dissimile è l’impatto di un altro settore vitale alla nostra sopravvivenza, quello agrochimico alimentare, responsabile di oltre un quarto delle emissioni nocive di gas serra, un motore diretto del cambiamento climatico. 

    Come impostare un cambiamento radicale nei processi di produzione di prodotti tanto indispensabili? Una risposta arriva dalla natura stessa, grazie agli studi di un gruppo di ricercatori della University of Warwickimitare la natura.

    Sotto la guida del Dr Binuraj Menon, infatti, un gruppo di ricercatori ha sviluppato un metodo che permette di produrre elementi costitutivi chimici vitali per l’industria farmaceutica e agrochimica imitando le piante. Nonostante il processo utilizzato nel mondo vegetale per produrre queste molecole sia noto da decenni, è la prima volta che la tecnologia permette di riprodurlo. Il nuovo studio ha dimostrato come si possa seguire l’esempio della natura per manipolare degli enzimi e creare batteri capaci di “digerire” le molecole e sintetizzare nuovi composti ad hoc, in un procedimento ripetibile e con minimi scarti. Lo studio è stato pubblicato su pubblicati da ACS Catalysis.

    Gli enzimi eseguono a una varietà di compiti negli organismi viventi e sono spesso meglio conosciuti per fare parte del sistema digestivo umano scomponendo il cibo. Grazie al loro ruolo di biocatalizzatori nell’accelerazione delle reazioni chimiche, sono considerati importanti possibilità alternative agli attuali metodi chimici, una soluzione ideale per una produzione industriale più verde e rispettosa dell’ambiente.

    Gli scienziati si sono concentrati in particolare sulla riproduzione di un processo chiamato via dell’indolo-3-acetammide (IAM), che consente alla pianta di produrre composti come ammidi indoliche, acidi carbossilici e auxine, composti utilizzati in diverse applicazioni agrochimiche e farmaceutiche la cui creazione genera molti rifiuti chimici tossici.

    Come spiega il Dr Binuraj Menon: “Possiamo adattare il processo ad una produzione su larga scala, rendendolo facilmente accessibile, purificabile e compatibile. Il vantaggio sta nella loro applicabilità a soluzioni enzimatiche esistenti.” E aggiunge: “Stiamo fondamentalmente sfruttando il potere della natura per risolvere molti problemi nelle industrie chimiche, farmaceutiche, agricole e manifatturiere tramite l’ingegneria di microbi ed enzimi”. 

    Nel prossimo futuro, il processo consentirà la preparazione di molecole su misura e sostanze chimiche mirate. I batteri ingegnerizzati potrebbero anche essere usati per rivestire i semi per una sana germinazione e sviluppo delle radici, o come diserbanti da messa a punto delle auxine, con molte applicazioni e possibilità dirette.

    (lo)

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