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    Xenobot progettati con un algoritmo evolutivo

    Si tratta di piccoli robot creati a partire da cellule di embrione di rana.

    di Douglas Heaven

    Ricercatori universitari hanno creato piccoli robot viventi facendo uso di cellule prelevate da embrioni di rana. Ciascun cosiddetto xenobot è largo meno di un millimetro, ma ce n’è uno capace di muoversi nell’acqua grazie a due piccoli arti, mentre un altro è munito di una specie di tasca che può utilizzare per il trasporto di piccoli carichi.

    I primi risultati della ricerca sono stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences, e non sono che l’incipit di un possibile sviluppo di robot morbidi capaci di guarire se stessi quanto danneggiati. Composti di tessuti viventi, sono soggetti ai naturali processi di decomposizione tipici delle cellule una volta dismessi. I ricercatori, della Tufts University, della University of Vermont e del Wyss Institute di Harvard, sperano che un giorno questi robot viventi possano essere utilizzati per eliminare le microplastiche, digerire materiali tossici o persino somministrare farmaci all’interno del corpo (per quanto raggiugnere richieda ancora molte ricerche).

    I robot sono costruiti a partire da cellule cardiache, capaci di contrarsi e si rilassarsi spontaneamente come piccoli pistoni (video), e cellule della pelle da cui i ricercatori hanno ottenuto una struttura più rigida. Una volta liberato, le cellule di un singolo robot sono dotate di energia sufficiente a mantenerlo in moto per un massimo di 10 giorni.

    Gli xenobot sono stati creati utilizzando un algoritmo evolutivo, che imita la selezione naturale generando potenziali soluzioni e quindi selezionando e mutando ripetutamente quelle più promettenti. L’algoritmo ha evocato migliaia di configurazioni casuali comprese tra 500 e 1.000 cellule della pelle e del cuore e ognuna è stata testata in un ambiente virtuale. Molti si sono rivelati inutili grumi di cellule, mente quelli che dimostravano del potenziale, come la capacità di movimento, sono stati ottimizzati e utilizzati per avviare la generazione successiva. Ripetuto il processo 100 volte, i ricercatori hanno dato vita ai progetti migliori facendo uso cellule viventi.

    Questo primo raccolto di xenobot è molto semplice, ma le prossime versioni potrebbero essere dotate di sistemi nervosi e cellule sensoriali, se non addirittura di rudimentali capacità cognitive per interagire con l’ambiente circostante. Non è chiaro se questi robot saranno da trattare come macchine o creature viventi.

    Immagine: University of Vermont

    (lo)

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