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    Esclusiva/3. Un’app della polizia ha raccolto dati sui giornalisti durante le proteste

    Intrepid Response è un software poco conosciuto, ma potente, che ha permesso alle forze dell’ordine americane di condividere rapidamente le informazioni sui manifestanti tra le diverse agenzie. Ma nessuno sa dove queste informazioni siano andate a finire

    di Sam Richards e Tate Ryan-Mosley

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    Esclusiva/2 L’operazione di polizia segreta contro il Black Lives Matter

    Nell’aprile dello scorso anno, un fotoreporter freelance di nome JD Duggan stava seguendo una protesta a Brooklyn Center, un sobborgo di Minneapolis, in Minnesota, quando le cose hanno preso una piega inquietante. Pochi giorni prima, un agente di polizia nel Brooklyn Center aveva sparato e ucciso Daunte Wright, 20 anni, e una comunità ferita e irritata dall’omicidio di George Floyd meno di un anno prima era scesa in piazza.

    Mentre Duggan stava documentando le manifestazioni, si racconta che “duecento” agenti hanno circondato un gruppo di manifestanti e giornalisti e hanno detto a tutti di mettersi a terra. Gli agenti hanno smistato la stampa dai manifestanti, li hanno accompagnati in un parcheggio e hanno iniziato a fotografarli, uno per uno, con i telefoni cellulari. Duggan stima che alcune dozzine di giornalisti siano stati catalogati nello stesso gruppo quella notte prima di essere rilasciati.  

    “Ho chiesto dove sarebbero andate a finire le foto”, dice Duggan. «L’ufficiale mi ha detto che vengono inserite nella loro app, ma senza fornirmi alcun dettaglio”. Il fotoreporter freelance ha presentato una richiesta di dati personali alla Minnesota State Patrol il 17 aprile. Il 19 luglio, la polizia di stato ha fornito tre pagine che includevano alcune foto di loro, le coordinate geografiche di dove erano state scattate le foto, l’angolazione della fotocamera e informazioni sull’ufficiale che utilizza l’applicazione. 

    “MIT Technology Review” ha richiesto anche le altri parti della documentazione al cui interno si trovavano i dati personali di Duggan. Queste informazioni sono diventate pubbliche il 21 gennaio 2022 e la polizia di stato ha rivelato che sono state raccolte utilizzando uno strumento chiamato Intrepid Response, che ha aggiunto i dati di geolocalizzazione alle immagini. Anche un altro giornalista fotografato quella notte, Dominick Sokotoff, ha ottenuto i suoi dati personali dalla polizia di stato e il percorso sembra essere lo stesso di Duggan.

    Intrepid Response, un prodotto di Intrepid Networks, fornisce un mezzo semplice per acquisire e condividere informazioni che identificano chiunque si trovi dall’altra parte dello smartphone di un agente. L’app è stata fondamentale per le forze dell’ordine che hanno raccolto e analizzato le informazioni sulle persone durante le proteste del Brooklyn Center, consentendo loro di riconoscere quasi istantaneamente i partecipanti e tenere sotto controllo i loro movimenti.

    Le foto e i dati condivisi in tempo reale tramite l’app sono stati inseriti in uno dei tre archivi di dati noti che “MIT Technology Review” ha identificato, che includono foto e informazioni personali sugli individui durante le proteste e sembrano essere accessibili a più agenzie, inclusi i gruppi federali. Nessuno degli altri giornalisti che sono stati fotografati mentre seguivano le proteste sembrava essere stato accusato o sospettato di alcun reato durante la raccolta dei loro dati. 

    Le agenzie di polizia del Minnesota hanno compilato i documenti come parte dell’Operazione Safety Net (OSN), una iniziativa coordinata tra più agenzie per rispondere alle proteste legate all’omicidio di George Floyd che si è estesa ben oltre la sua portata originale, dichiarata ufficialmente, e sembra essere in corso. 

    Secondo il Minnesota Bureau of Criminal Apprehension, diverse agenzie coinvolte con OSN hanno accesso a Intrepid Response, tra cui la Minnesota State Patrol, il Department of Natural Resources e il Minnesota Fusion Center. Quest’ultimo fa parte di un sistema controverso di centri di condivisione dei dati che analizzano e diffondono informazioni tra le forze dell’ordine locali e federali, la Guardia nazionale e altri. 

    Il sito web di Intrepid Networks riporta che il dipartimento di polizia di Saint Paul utilizza il software Intrepid Response e i materiali di marketing dell’azienda contengono una testimonianza del vice capo della polizia del dipartimento che commenta il ruolo dell’app durante i disordini dello scorso anno. È probabile che anche le agenzie federali siano state in grado di accedere alle informazioni raccolte tramite Intrepid Response e le abbiano poi condivise con il Minnesota Fusion Center. (Si veda e-mail)

    Un’e-mail a “MIT Technology Review” da parte della Minnesota State Patrol in risposta alle domande riguardanti la fotografia dei giornalisti, che ha rivelato per la prima volta il coinvolgimento di Intrepid Response

    Come Slack per SWAT

    Secondo il sito web di Intrepid Networks, Intrepid Response, venduto da AT&T, Verizon e altri, è una piattaforma di comunicazione che offre “una soluzione geospaziale con mappatura live ricca di funzionalità” e la possibilità di “visualizzare tutto il personale, le risorse contrassegnate e gli indicatori di mappa quasi in tempo reale. I materiali di marketing sostengono che “la consapevolezza situazionale di nuova generazione rende la piattaforma Intrepid Response for FirstNet la risorsa definitiva per il coordinamento tattico e l’intelligence in prima linea“. 

    L’applicazione, che può essere scaricata come qualsiasi altra app per smartphone, offre condivisione dei dati in tempo reale, una piattaforma per il coordinamento di gruppi multi-agenzia, “comunicazioni di team altamente sicure” (inclusi push-to-talk e messaggistica istantanea) e altro ancora. (Si veda foto Duggan)

    J.D. Duggan ha scattato questa foto mentre la polizia stava fotografando i giornalisti

    Britt Kane, amministratore delegato di Intrepid Networks, afferma che lo strumento è progettato per aumentare la trasparenza, ridurre i tempi di risposta e, in definitiva, salvare vite umane. Kane aggiunge che Intrepid Response offre tre servizi principali: mappatura geografica, notifica di emergenza e una piattaforma di comunicazione per la condivisione di messaggi e foto. 

    Quando gli è stato chiesto se fosse preoccupato per l’incidente al Brooklyn Center, Kane ha detto di non sapere nulla dell’operazione, ma di essere certo il loro software non svolge operazioni di intelligence”. Kane afferma inoltre che l’azienda non è a conoscenza di altri strumenti che potrebbero sfruttare i dati di Intrepid Response perché si tratta di una “sorta di piattaforma generica”. 

    Non ha comunque voluto rivelare quanti clienti utilizzino Intrepid Response, ma afferma che il software supporta le forze dell’ordine, i vigili del fuoco e altri servizi di emergenza pubblici e alcuni fornitori commerciali, e che è “praticamente in tutti i 50 stati”. Comunque, Intrepid Response consente agli agenti di raccogliere dati che possono essere analizzati in una miriade di modi e l’indagine di “MIT Technology Review” ha scoperto che gli agenti stavano compilando elenchi di controllo delle persone che partecipavano alle proteste. 

    Il Minnesota Fusion Center ha accesso alla tecnologia di riconoscimento facciale attraverso la Homeland Security Information Network, una rete sicura utilizzata durante l’operazione Safety Net. Anche l’ufficio dello sceriffo della contea di Hennepin (un’altra agenzia membro dell’OSN) utilizza quella che viene definita tecnologia di imaging investigativo, un altro termine per il riconoscimento facciale. 

    Questo tipo di coordinamento informale tra più agenzie incoraggia il “policy shopping”, in cui l’agenzia con le regole sulla privacy meno restrittive può eseguire una sorveglianza che altre agenzie non sarebbero in grado di fare“, afferma Jake Wiener, dell’Electronic Privacy Information Center, esperto di centri di fusione e sorveglianza delle proteste. “Ciò significa nel complesso più sorveglianza, meno supervisione e più rischio di arresti politici”. Inoltre, Intrepid potrebbe fornire “un forum a cui molte agenzie possono contribuire, ma nessuna agenzia è responsabile della supervisione e dell’auditing”, favorendo possibili abusi”. 

    Parte del file di dati di J.D. Duggan restituito dalla Minnesota State Patrol. Include un primo piano del viso di Duggan e le coordinate geografiche dell’istantanea. Nel fascicolo c’era anche un’immagine delle credenziali per la stampa di Duggan

    Non è chiaro dove siano finiti i dati personali di Duggan e degli altri giornalisti dopo che la Minnesota State Patrol li ha condivisi tramite Intrepid Response. Gordon Shank, un funzionario delle informazioni pubbliche della Minnesota State Patrol, afferma che le foto sono state accessibili al Minnesota Fusion Center e al Department of Natural Resources  tramite Intrepid Response. 

    La Minnesota State Patrol ha infine archiviato le foto come PDF in una cartella elettronica di proprietà dell’agenzia. Shank afferma inoltre che non sono state eseguite analisi sulle foto e che non sono state ancora eliminate a causa di un contenzioso in sospeso. 

    Un incidente “estremamente inquietante”

    La notte del 16 aprile, la polizia ha fotografato l’intera figura e il viso di Duggan, nonchè le credenziali dei media. Le informazioni che accompagnano le immagini includono le coordinate del luogo in cui sono state scattate le foto, un timestamp e una mappa della zona circostante. Il fascicolo di Sokotoff, anch’esso datato 16 aprile 2021, contiene gli stessi dati nello stesso formato oltre alle immagini della sua carta d’identità statale. (Si veda foto documenti)

    Duggan e altri testimoni oculari affermano che diverse decine di giornalisti sono stati coinvolti nell’attività di catalogazione. “MIT Technology Review” ha confermato in modo indipendente che sei giornalisti sono stati fotografati allo stesso modo di Duggan e tutti hanno raccontato l’incidente in questione, affermando in diversi casi di aver chiesto agli agenti perché i loro dati venivano raccolti e probabilmente archiviati, ma gli agenti si sono rifiutati di rispondere. 

    Non abbiamo commesso alcun crimine, eppure i nostri dati sono stati registrati. Credo che questo sia un passo nella direzione dell’autoritarismo e un fatto preoccupante se si parla di stampa libera”, afferma Chris Taylor, un libero professionista che lavora per conto della Minneapolis Television Network che è stato fotografato dalla Minnesota State Patrol. “È contro l’etica dell’essere americani”.  Anche Sokotoff, uno studente fotoreporter dell’Università del Michigan, ha twittato in diretta l’incidente: “Era diverso da qualsiasi cosa avessi visto prima ed era estremamente inquietante”. 

    Tutti gli episodi sembrano riportare alla Minnesota State Patrol, che ha recentemente chiuso una causa in merito al trattamento riservato ai giornalisti durante le proteste. Il 17 aprile, oltre 25 società di media, tra cui la stazione locale Minnesota Public Radio e il più diffuso quotidiano del Minnesota, lo “Star Tribune”, nonché il “New York Times”, Gannett, Associated Press e Fox/UTC Holdings, hanno firmato una lettera inviata a TimWaltz, il governatore del Minnesota. Lo stesso giorno è stato emesso un ordine restrittivo temporaneo alla Minnesota State Patrol. 

    La polizia di stato ha risposto pubblicamente attraverso un comunicato stampa emesso dall’Operazione Safety Net, in cui si affermava che gli agenti “hanno fotografato i giornalisti e le loro credenziali e le patenti di guida sulla scena al fine di accelerare il processo di identificazione. Questo processo è stato implementato in risposta alle preoccupazioni dei media espresse l’anno scorso in merito al momento scelto per identificare e rilasciare i giornalisti”.

    La tattica “non sembra servire ad alcuno scopo delle forze dell’ordine oltre a intimidire i giornalisti che stanno facendo il loro lavoro”, ha affermato Parker Higgins, direttore dell’advocacy per la Freedom of the Press Foundation, che ha indagato sull’incidente. “E ora, a distanza di quasi un anno intero, non ci sono ancora risposte chiare sul motivo per cui le foto sono state scattate, su come le immagini sono state condivise o archiviate e se quei dati rimangono nei database delle forze dell’ordine”.

    (rp)

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