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    La guerra cognitiva è già in corso (e volenti o nolenti ci siamo dentro tutti)

    Algoritmi predittivi, fattori emozionali, “echo chambers”, “memoria estesa”. L’ecosistema digitale altera costantemente le nostre percezioni, e le nostre capacità di decisione. Non è un sistema “neutro”, ma può essere utilizzato. A fini commerciali, e a fini di conflitto tra Paesi

    di Enrico VergA

    L’avvento del concetto di “cognitive warfare” (di seguito CW) apre una terza dimensione dello scenario di campo di battaglia moderno. In precedenza esisteva quello fisico e quello composto d’informazioni (dispacci militari, anche in forma cartacea erano pur sempre informazioni). Oggi abbiamo un nuovo strato intermedio tra i due che diviene un collante per ogni spazio di guerra preesistente: terra, acqua, aria, spazio e cyberspazio. È un concetto relativamente nuovo che raccoglie e organizza approcci e strategie prima frammentati o di nicchia.

    Che roba è? Ne “l’arte della guerra” Sun Tzu spiegava come, quando si combatte per il Tianxia, si deve aver cura di mantenerlo integro. Il tianxia, nella definizione del Bingfa era tutto ciò che sta sotto il cielo: quello che noi possiamo definire il globo terracqueo. Oggi con la CW il nuovo Tianxia diviene l’uomo stesso, per la precision oggi si parla di “dominio umano”. Diversamernte dal passato la CW non fa discriminazione tra civili e militari. Ogni uomo è indistintamente un bersaglio, una potenziale risorsa attiva (coinvolta nel conflitto) o passiva (inconsciamente coinvolta ma senza saperlo).

    Per “Dominio Umano (di seguito DU)” possiamo dare una definizione che abbraccia, approssimativamente, tutto il campo di battaglia: il DU è l’area, il bersaglio sono le capacità cognitive di un’individuo o di una comunità, tale bersaglio viene attenzionato con tecniche e strumenti che possono alterare la sua capacità di ragionare, prendere decisioni e comportamenti, in modo da alterare l’agire e il pensare del soggetto a vantaggio dell’attaccante.

    Tranquilli non è il lavaggio del cervello ma è la cosa più simile che si può ottenere con le tecnologie digitali attuali (tecnologie ancora primitive ma in rapida evoluzione). La guerra è cambiata a partire dai tempi della prima Guerra del Golfo dove la CW era ancora legata ai media tradizionali. In un ambito civile la miglior rappresentazione della CW sono le pubblicità, quelle moderne, strutturate su differenti livelli analogico (sempre meno) e digitale: social, app, infotainment, videogiochi etc.. Cambridge analytica è forse l’esempio più recente di un operazione di CW in ambito civile.

    Come funziona? L’hackeraggio della mente del bersaglio, civile o militare, singolo o un intera comunità, fa leva sulle risorse digitali che, nell’ultima decade in particolare, sono divenute pervasive. Ci sono differenti strumenti e tecniche che devono essere comprese.

    – Facciamo una doverosa premessa. E’ importante comprendere alcuni aspetti del cervello umano e come opera. In stato di alto stress è incapace, in modo automatico, di distinguere se un informazione è giusta o sbagliata, senza un contesto di supporto (se il contesto richiede fiducia e tale fiducia è stata alterata il contesto sarà un fondamento corrotto, su cui il soggetto costruirà le sue certezze e filtrerà le informazioni). – Il cervello tente a creare scorciatoie per poter velocizzare il processo decisionale sulla validità di un informazione, tale evento avviene soprattutto in caso di eccesso di informazioni (come, per esempio la cornucopia di informazioni su internet in cui ognuno di noi nuota ogni giorno). Consideriamo tutti i video degli scontri molti rivelatisi “falsi veri”: immagini vere ma recuperate da periodi storici o aree geografiche differenti, oppure nel caso piu grave, da videogiochi.

    – Il cervello è propenso a ritenere un messagio o un informazione, che si è già “riconosciuta” come affidabile, egualmente certa; pur se la sua fonte originale non è stata validata (ergo l’informazione potrebbe essere falsa). Questo aspetto è vitale quando parliamo, per esempio, di deep fake news la cui abilità di chi le crea riesce a renderle vere, ad un primo controllo.

    – Il cervello tende a considerare come vere affermazioni se sono supportate da evidenze (altre prove), senza tuttavia avere l’accortezza di accertarsi che le “prove” siano originali e accertate da differenti fonti indipendenti. Di fatto questo è un altro percorso che permette la proliferazioni di informazioni apparentemente vere ma, se ben analizzate, false.


    Con queste premesse introduciamo vari strumenti e fondamenti che possono essere attivati o sfruttarti dal CW.

    La fiducia è uno degli elementi che deve essere valorizzato. Per fiducia si intende le cose o le persone in cui l’individuo ripone la propria certezza. Alterare queste basi è il primo passo per far vacillare il bersaglio. La CW sfrutta le criticità del cervello umano, facendo leva sulle gap e le “scorciatoie mentali” che la nostra mente utilizza per essere più efficiente.

    L’innovazione della “data economy” intesa come quell’economia che fa leva sui big data, è il tipo di “intelligence” su cui opera la CW. Tutti i social media occidentali sono un territorio perfetto per acquisire dati in modo legale, direttamente o per inferenza per esempio, o illegali (furto dati private, acquisiti nel dark web). Le origini di quello che Soshanna Zuboff chiama “capitalismo della sorveglianza” parte dall’acquisizione di una grande mole di dati personali o generici.

    L’evoluzione di algoritmi predittivi, che possono anticipare, entro certi limiti, le decisioni di un campione di soggetti (sfruttando i bigdata), sono uno strumento essenziale per poter elaborare scenari di persuasione.

    Il fattore emozionale è molto valorizzato dalla CW. I social media e tutte le tecnologie che si possono usare facendo leva su essi, hanno una forte componente emozionale. Ogni sito internet, ogni app, ogni piattaforma sociale è ormai strutturato per essere altamente emozionale. L’utilizzo dei social media per creare camera di eco, utili per amplificare fake news o deep fake news, sono di solito legate a strategie che fanno leva sulle emozioni. Se vogliamo un esempio di applicazioni emozionale, facendo leva sulle “droghe” biologiche create dal nostro corpo, possiamo considerare le sinergie degli ecommerce. Pensiamo, per esempio, ai rapporti stretti che legano la dopamina e le strategie di acquisti on line.

    La guerra per l’attenzione, e il multitasking, sono tema che abbiamo accennato ma merita un poco di spazio. Questi decenni saranno sicuramente ricordati come l’epoca della disattenzione. La capacità di focalizzarsi su un singolo tema, un singolo argomento, in un’epoca di iper stimoli digitali, è ormai cosa rara. Quello che molti decantano come evoluzione, il multitasking, di solito è un’attitudine che caratterizza gli esseri viventi che esistono in ambienti particolarmente ostili. La loro capacità di svolgere differenti mansioni contemporaneamente non è un sintomo di evoluzione del sistema sociale in cui vivono, ma una necessità.

    È la capacità di focalizzarci su un singolo aspetto che ha permesso alla razza umana di evolversi da uno scenario di cacciatori raccoglitori. Internet e la sua promessa di liberta digitale sta invertendo questo fenomeno, quando meno a livello mentale. Il nostro modo di affrontare la rete altera il processo con cui il cervello opera: nel modo di apprendere le informazioni, classificarle, gestirle e costruire, con esse, un percorso evolutivo personale.

    Ultimo aspetto la nostra “memoria esterna”. Come umani ormai siamo abituati, oltre ad applicare scorciatoie mentali inconsce, ad essere fortemente dipendenti da fonti esterne, potremmo definirli “hard disk” estesi: ricordiamo pochi elementi e facciamo affidamento su strumenti tecnologici digitali per “estendere” le nostre memorie (Internet off-loading in gergo). Da Waze per ricordarci meglio le strade a Google per approfondire le notizie. Ovviamente quando queste fonti vengono contaminate il cervello è hackerato sin dalle orgini del processo cognitivo.
     
    Applicazioni operative? Se sino ad ora abbiamo discusso di teoria possiamo brevemente elencare alcuni casi storici recenti di attività di CW. Il più recente è di alcuni giorni fa. La casa Bianca ha “arruolato” differenti influencer di Tik Tok per “condividere informazioni corrette” sulla crisi ucraina. Considerando la vision fortemente legata ad interessi economici (gas e armamenti in primis) che guida la comunità economica americana, che a sua volta influenza in ogni modo la comunità politca, c’è da scommettere che queste informazioni date in pasto ai giovani influencer (che le distilleranno a loro modo per I loro followers) saranno della massima precisione.

    Se invece vogliamo un caso storico da manual di CW dobbiamo guardare alla militarizzaizone dei videogiochi. Fu il Pentagono a rendere sistemico l’approccio ai video giochi. Con il Militainment, e lo sviluppo di video giochi a sfondo propagantistico (identificare il “cattivo” con una nazione o una religione), il Pentagono ottenne due successi. Prima di tutto un elevato numero di arruolamenti, in secondo luogo la capacità di diffondere best practice sin dall’inizio: fare pre addestramento (nozioni base di addestramento, linguaggo di guerra etc..) risparmiando sul tempo di ingaggio delle reclute. In ambito militare DARPAe IARPA sono le due agenzie governative militari che hanno i programmi di CW occidental più avanzati.


    Problemi? Esiste un serio problema della CW: il suo dispiegamento. Alla base della CW c’è l’ecosistema digitale che può alterare, come detto, il pensiero e I percorsi mentali del bersaglio. Questa premessa implica che i bersagli più adatti sono coloro che hanno una esposizione continua all’ambiente digitale. In occidente questo fenomeno interessa chiunque dai 10 anni sino ai 60. In altre nazioni (per esempio Russia Cina e aree di influenza o proiezione delle stesse) l’età tende a decrescere. Le ragioni di questa discrepanza in questi bersagli rispetto a quelli occidental ha vari motivi: in parte per ragioni di accesso  ad internet, in parte per gestione delle rete. Si evince che la popolazione di queste due aree può essere meno bersaglio di una CW. La Cina, in particolar modo, avendo scelto di chiudersi alla maggioranza di piattaforme sociali, rende attacchi di CW poco efficaci.

    Il CW, con queste limitazioni su popolazioni “non occidentali, ha però un applicazione “interna”. Per quando il CW dovrebbe essere una dottrina bellica orientata alla popolazione nemica, si può dispiegare anche su un “fronte interno”.

    In pratica la CW può dimostrarsi un efficace strumento di commando e controllo applicato alla popolazione civile o militare della nazione stessa che decide di utilizzarlo.

    Allo stato attuale questo scenario è puramente teorico. Non vi sono prove confermate da fonti indipendenti, che confermino l’utilizzo di CW da parte di un governo contro la sua stessa popolazione.

    @enricoverga 

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