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    Fit for 55: istruzioni per decarbonizzare l’Europa

    Senza un pacchetto di misure aggiornato l’Europa arriverebbe soltanto a una riduzione delle emissioni del 60% entro il 2050, queste proposte sono necessarie per approfondire la decarbonizzazione dell’Unione e renderla trasversale a più settori.

    di Margherita Bianchi

    Per allineare l’UE alle sue ambizioni climatiche, la Commissione Europea ha pubblicato la scorsa estate l’atteso pacchetto “Fit-for-55”, tredici proposte legislative trasversali comprensive di otto revisioni di regolamenti o direttive esistenti e cinque proposte nuove.

    Questo grande pacchetto di aggiustamenti è pensato per dare gli strumenti e le regole all’Unione per abbattere le proprie emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 e quindi impostare adeguatamente il percorso verso la neutralità climatica entro il 2050. La legge europea sul clima, approvata qualche settimana prima, ha reso vincolanti questi obiettivi.

    Lo scopo principale di “Fit for 55” è quello di approfondire la decarbonizzazione nell’Unione e renderla trasversale a più settori dell’economia europea, per impostare una strada efficace e ordinata in questi tre decenni. Senza un pacchetto aggiornato di misure, infatti, l’Europa arriverebbe soltanto a una riduzione delle emissioni del 60% entro il 2050 secondo le analisi della Commissione.

    Se è vero che il 75% del PIL mondiale è ora coperto da un qualche tipo di obiettivo di neutralità climatica, l’UE è la prima a tradurre questa visione in proposte e politiche effettivamente concrete.

    L’azione avanzata dalla Commissione è molto ambiziosa e tocca in modo sostanziale tutte le aree di policy europee principali (bilancio, industria, economia, affari sociali) – e per questo ha provocato non poche discussioni anche all’interno dell’esecutivo stesso. Ci vorrà del tempo per capire in quale forma e in quanto tempo queste misure verranno approvate dopo i passaggi in Parlamento e in Consiglio – ma il segnale lanciato dall’UE in queste circostanze eccezionali di ripresa dalla pandemia mirano decisamente alla sostenibilità

    Edifici, trasporti e efficienza al centro, ma non solo

    Tra le misure più interessanti c’è la revisione dell’Emission Trading System (ETS), il primo e più esteso mercato mondiale della CO2: ampliando l’applicazione del sistema di scambio di quote di emissione e garantendone un prezzo via via maggiore, si mira ora a incentivare un consumo energetico più efficiente e più pulito.

    L’estensione riguarda il trasporto pesante su strada, il trasporto marittimo e gli edifici. Questi sono tra i settori meno toccati in generale dalle politiche di decarbonizzazione dell’UE fino ad oggi, ma che rappresentano intorno al 22% (trasporti) e al 35% (edifici) delle emissioni dell’UE. Il pacchetto include modifiche anche alla direttiva sull’infrastruttura per i carburanti alternativi (DAFI) con l’obiettivo di adeguare le regole di realizzazione delle infrastrutture per i combustibili alternativi ai nuovi target climatici.  

    È proposta anche una modifica al regolamento sugli standard emissivi di CO2 per autovetture e furgoni – che mira a dirigere gli investimenti necessari nei veicoli a zero emissioni e aumentarne la loro diffusione. Le misure propongono che le case automobilistiche riducano del 55% rispetto ai livelli attuali le emissioni dei nuovi veicoli entro il 2030.

    Il proposto regolamento ReFuelEU Aviation obbligherebbe inoltre i fornitori di carburante destinato agli aerei che si riforniscono in aeroporti su territorio comunitario a miscelare con livelli crescenti di carburante sostenibile, mentre il FuelEU Maritime mira a stimolare l’adozione di carburanti marittimi sostenibili e tecnologie a zero emissioni, stabilendo un limite massimo sul contenuto di gas serra delle fonti energetiche usate dalle navi che approdano nei porti dell’UE.

    Gli aggiustamenti toccano anche la Effort sharing regulation (ESR) – per un aggiornamento dei target di riduzione delle emissioni nei settori non coperti dall’ETS – e l’Energy tax directive (ETD) – per armonizzare la tassazione dell’energia all’interno dell’UE.

    Viene toccata anche la Renewable Energy Directive (RED), per cui si punta al 40% di fonti rinnovabili sui consumi finali di energia al 2030 (contro gli attuali 32%) e la Energy Efficiency Directive (EED), che punta ad un obiettivo rivisto per il 2030 del 36-39% per il miglioramento dell’efficienza energetica complessiva, oltre che una riduzione della domanda totale di energia pari al 9%.

    La Commissione si propone poi di aggiornare ai nuovi obiettivi climatici dell’Ue il regolamento Lulufc, secondo il quale gli Stati membri dell’UE sono tenuti a garantire che le emissioni di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo o dalla silvicoltura siano compensate almeno da un assorbimento equivalente di CO2 dall’atmosfera nel periodo 2021-2030.

    Un punto molto dibattuto riguarda infine l’introduzione della Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), pensata per ostacolare la delocalizzazione di industrie inquinanti verso paesi terzi con regole climatiche meno stringenti. 

    Una lunga strada

    Altre proposte di revisione facenti parte di “Fit-for-55” (una riguardante l’Hydrogen and Decarbonised Gas Package e l’altra l’Energy Performance of Buildings Directive, EPBD) devono ancora essere presentate – entro la fine dell’anno secondo i piani della Commissione Europea. Si apre ora l’iter legislativo tra Parlamento Europeo e Consiglio e poi per i negoziati interistituzionali per la definizione del testo di compromesso e la seguente approvazione.

    Il percorso sarà lento e complesso: verosimilmente le prime approvazioni arriveranno alla fine del 2022 e non saranno facili.

    Al fine di avere negoziati di successo e per una efficace attuazione del Green Deal nei tre decenni davanti a noi, poi, appare cruciale assicurare che la transizione sia giusta e socialmente accettabile da parte di tutti i cittadini, le industrie e le piccole imprese sul territorio UE, che sempre più inizieranno a vederne gli effetti.

    L’espansione dell’ETS per esempio, e altre misure nel pacchetto, hanno provocato non pochi dibattiti tra la società civile e nelle istituzioni, in quanto si rischierebbe, secondo alcuni, di creare un onere economico sui consumatori più vulnerabili. Il “Fondo sociale per il clima” (72,2 miliardi di euro dal 2025 al 2032), annunciato anch’esso nell’ambito del pacchetto “Fit for 55”, è pensato per evitare anche queste esternalità sociali.

    (lo)

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