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    I piccoli borghi sono una risorsa, smettiamo di trattarli come presepi

    Il tema del futuro dei borghi in spopolamento stimola appassionati interventi, ed è ora oggetto di piani regionali e nazionali grazie al PNRR. Un libro di Maurizio Diano raccoglie la parte significativa del dibattito ed una descrizione delle azioni attuate dalle comunità resistenti che abitano, animano e curano i nostri piccoli borghi e paesi

    di Lemmonio Boreo

    L’editore Rubbettino ha pubblicato l’interessante libro “I piccoli borghi? Non sono solo presepi!”, di Maurizio Diano*. La sua riflessione sul tema molto attuale della rivitalizzazione di borghi e piccoli centri è aperta dalla prefazione del Prof. Arch Mario Cerasoli (Uni Roma3) e del Sen. Gianni Pittella (firmatario di una proposta di legge per i piccoli centri) e conclusa con la post-fazione del Prof. Cesare Fregola (Uni Europea Roma).

    Nelle sezioni del testo l’autore racconta l’evoluzione dell’interesse per il destino dei nostri borghi e piccoli centri “minori”. Sostanzialmente riserva di studio dei cultori della materia con popolarità fra privilegiati e radical chic, prima del COVID-19, la pandemia li ha improvvisamente scaraventati alla ribalta. Autorevoli personalità (Arminio, Boeri, Carta, Cucinella, De Masi, Floridi, Fuksas, Glaeser, Mancuso, Piano, Pontremoli, Ratti, Rota, Sennet, Teti ed altri) ne hanno discusso e il libro raccoglie e confronta le loro opinioni. Si sono perfino prefigurate opportunità e vantaggi per ogni sperduto nucleo abitato, immaginando di svuotare le città e trasferirci tutti nel paesello dell’immaginario collettivo: il presepe di case arroccate, la chiesetta, il ciabattino, il falegname, ecc. 

    Tutto molto bello e interessante ma, abbastanza lontano dalla realtà dice Diano. Dal libro emerge il gravissimo disagio di molti abitati senza apparente futuro. E se i piccoli centri mediterranei sono perle di un’unica e preziosa collana fatta di diversità di contesti, è pur vero che sono anche molto delicati e fragili nei profili materiali e sociali e non è proprio il caso di comprometterli ulteriormente con i guai della città e gli esodi al contrario. Sicchè, per quanto se ne parli (anche con una sgradevole “retorica tossica”), restano spesso realtà sconosciute e raramente raccontate per quel che effettivamente sono e rappresentano: luoghi incredibilmente ricchi di esperienze innovative ed originali, attuate con pochi mezzi, tanta inventiva ed impegno volontario degli abitanti “superstiti e resistenti”. Che diventano il cuore pulsante del libro: 90+1 (il luogo d’origine dell’autore) “esperienze e buone pratiche”, iniziative, azioni innovative, singolari, curiose, originali, attuate in lungo e in largo nel territorio italiano, riprese dai media (cartacei ed on-line) e qui classificate con attenzione.

    Nella drammaticità di tante situazioni, l’autore illustra le traiettorie che da questi racconti si possono ricavare per sensibilizzare altre comunità “resistenti”. Senza nascondersi però che la rivitalizzazione dei borghi ci sarà se famiglie e giovani troveranno gradevole, comodo e conveniente abitarci stabilmente per instaurare o rinsaldare relazioni. Cosa non facile laddove vi sano limiti di distanza da città, funzioni e infrastrutture; carenza di servizi essenziali; disoccupazione, giovanile (soprattutto). 

    Quindi niente illusioni: ciò che serve ai piccoli centri è il lavoro, in ogni possibile forma e modalità di esecuzione, conosciuta o ancora sconosciuta, in sede o da remoto, tradizionale o flessibile, smart, green, digital e chi più ne ha più ne metta.” Ed insieme inventare soluzioni originali, ibride, oscillanti tra innovazione e tradizione, digitale (fibre ottiche, banda ultra-larga, ecc.) e contesto locale (paesaggi, monumenti, usi e costumi, ecc.), sicurezza, unicità dei siti e “core events” capaci di rianimarli senza stravolgerli. 

    Nel libro, infine, si citano le iniziative e politiche istituzionali (Rete Rurale UE, Strategia Nazionale e Regionale Aree Interne, Legge piccoli Comuni, ecc.) promosse per la rinascita dei piccoli centri rurali, interni, ecc. Ma anche i recenti piani regionali e nazionali con le missioni del PNRR – “Next Generation” EU – quale occasione imperdibile per sostenere il necessario mix di pratiche tradizionali di tutela (restauro e locazione o vendita calmierata di abitazioni vuote), l’incentivazione economica e la riduzione dei tributi locali, la digitalizzazione per facilitare accessibilità, fornitura di servizi (telemedicina ed altro) e sicurezza. 

    Ma l’autore segnala anche che l’attuale diluvio normativo, l’imprendibile articolazione decisionale e la schizofrenica stratificazione di procedimenti e procedure burocratiche, sono ancora un veleno senza antidoto! E costituisce purtroppo un formidabile impedimento ad ogni tentativo di cambiamento.

    E per chi intendesse avventurarsi nell’impresa, in appendice sono disponibili utili informazioni tecnico-normative; un vademecum su digitalizzazione e strategie per la banda larga; le 90+1 schede (geografia, demografia, condizioni climatiche, ecc.) di ogni borgo citato, scaricabili inquadrando il corrispondente QR CODE.

    Concludendo, dal libro emerge che i finanziamenti per i nostri borghi dovrebbero valorizzare certo i siti ma più efficacemente le comunità insediate e l’approccio alla transizione ambientale e digitale dovrà essere anche culturale, provando ad essere acuta ed astuta, applicata per tentativi duttili ed adattabili. L’auspicio finale dell’autore è che le comunità “resistenti e restanti” trovino il modo di far esprimere chi ha le qualità e la volontà di non arrendersi, guardando avanti, in condivisione.

    *Architetto, funzionario Regione Calabria (Dip. Sviluppo economico e Attrattori culturali- Settore Infrastrutture energetiche, Fonti rinnovabili e non rinnovabili)

    (lo)

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